Chiusura 19/01/2020
di Francesca Bellola
L'autunno milanese si annuncia caldo non solo per il clima temperato, ma per il fitto calendario artistico qualitativamente elevato. E così, dopo la grande mostra del 1970 di Giorgio de Chirico, che compiva ottantadue anni, Palazzo Reale dedica al Pictor Optimus - soprannome per definire la sua innata capacità tecnica, insieme all'interesse per il classicismo - una retrospettiva che raccoglie un centinaio di capolavori provenienti dai più importanti musei internazionali.
L'autunno milanese si annuncia caldo non solo per il clima temperato, ma per il fitto calendario artistico qualitativamente elevato. E così, dopo la grande mostra del 1970 di Giorgio de Chirico, che compiva ottantadue anni, Palazzo Reale dedica al Pictor Optimus - soprannome per definire la sua innata capacità tecnica, insieme all'interesse per il classicismo - una retrospettiva che raccoglie un centinaio di capolavori provenienti dai più importanti musei internazionali.
Piazza del Duomo, 12 Milano mappa
Inaugurazione 25/09/2019
Piazza del Duomo, 12 Milano mappa 19/01/2020
L'autunno milanese si annuncia caldo non solo per il clima temperato, ma per il fitto calendario artistico qualitativamente elevato. E così, dopo la grande mostra del 1970 di Giorgio de Chirico, che compiva ottantadue anni, Palazzo Reale dedica al Pictor Optimus - soprannome per definire la sua innata capacità tecnica, insieme all'interesse per il classicismo - una retrospettiva che raccoglie un centinaio di capolavori provenienti dai più importanti musei internazionali.
E' raro visitare una retrospettiva perfetta. Ebbene, in questo caso, non c'è nulla da eccepire: l'allestimento minimale costituito da spazi luminosi dialoga con le geometrie metafisiche, inoltre le didascalie cristalline e ben leggibili, rendono l'atmosfera accattivante. Suddivisa in otto sale e curata da Luca Massimo Barbero, l'esposizione, aperta fino al 19 gennaio 2020 e correlata da un catalogo Electa, procede con un percorso tematico, dalle opere giovanili a quelle metafisiche ricostruendo la ricerca originale e visionaria di uno dei massimi esponenti dell'arte del XX secolo.
Nato in Grecia, a Volos, nel 1888, la terra dei centauri cui sono dedicati i primi quadri in mostra, dopo gli studi ad Atene, i viaggi a Ferrara - dove conosce De Pisis e Carrà -, Milano, New York - dove esplora le prime piazze metafisiche -, arriva a Parigi. Nella capitale francese trova la sua dimensione ideale. Intellettuale oltre che artista, de Chirico frequenta Picasso, Max Jacob, Apollinaire, scrive articoli e trattati. Jean Cocteau individua bene la sua essenza: “Il vero realismo consiste nel rappresentare le cose sorprendenti nascoste sotto il velo dell'abitudine e che non sappiamo più vedere”.
Dopo le sue celebri e deserte “Piazze d'Italia” raffiguranti manichini, portici, tram e auto, è la svolta al ritorno delle iconografie del Rinascimento degli anni '20 dove viene stroncato dalla critica. Noncurante di ciò, dissacra le sue tele dipingendo oggetti apparentemente insensati quali scatole, gladiatori, biscotti, ect. La sua ironia non risparmia nemmeno le statue dei miti greci, dei gladiatori e perfino di se stesso, come gli autoritratti in mutande dall'aria compiaciuta e beffarda.
Nonostante la sua versatilità, era un uomo pigro, vittima delle mogli che avevano un gran potere sulla sua personalità e sottomesso probabilmente dal carattere forte della madre, tanto da amministrare in maniera oculata il suo denaro. Fu il primo a creare i “falsi” d'autore. Una 'trovata' che solo un mente lucida avrebbe potuto inventare. Divenuto famoso, gli venivano richiesti sempre le vecchie opere che, ovviamente, aveva già venduto. Quindi pensò di rifarli retrodatandoli. Questa sua “contraffazione” aprì la strada alle falsificazioni: cominciarono a girare le 'repliche' che nemmeno lui, non sappiamo se fingesse o meno, sapeva riconoscere come originali o manipolate. Una situazione kafkiana!
Foto: Giorgio de Chirico, Ariadne, 1913, Olio e grafite su tela, 135,3 x 180,3 cm
New York, The Metropolitan Museum of Art, Lascito di Florene M. Schoenborn, 1995, © Giorgio de Chirico by SIAE 2019
E' raro visitare una retrospettiva perfetta. Ebbene, in questo caso, non c'è nulla da eccepire: l'allestimento minimale costituito da spazi luminosi dialoga con le geometrie metafisiche, inoltre le didascalie cristalline e ben leggibili, rendono l'atmosfera accattivante. Suddivisa in otto sale e curata da Luca Massimo Barbero, l'esposizione, aperta fino al 19 gennaio 2020 e correlata da un catalogo Electa, procede con un percorso tematico, dalle opere giovanili a quelle metafisiche ricostruendo la ricerca originale e visionaria di uno dei massimi esponenti dell'arte del XX secolo.
Nato in Grecia, a Volos, nel 1888, la terra dei centauri cui sono dedicati i primi quadri in mostra, dopo gli studi ad Atene, i viaggi a Ferrara - dove conosce De Pisis e Carrà -, Milano, New York - dove esplora le prime piazze metafisiche -, arriva a Parigi. Nella capitale francese trova la sua dimensione ideale. Intellettuale oltre che artista, de Chirico frequenta Picasso, Max Jacob, Apollinaire, scrive articoli e trattati. Jean Cocteau individua bene la sua essenza: “Il vero realismo consiste nel rappresentare le cose sorprendenti nascoste sotto il velo dell'abitudine e che non sappiamo più vedere”.
Dopo le sue celebri e deserte “Piazze d'Italia” raffiguranti manichini, portici, tram e auto, è la svolta al ritorno delle iconografie del Rinascimento degli anni '20 dove viene stroncato dalla critica. Noncurante di ciò, dissacra le sue tele dipingendo oggetti apparentemente insensati quali scatole, gladiatori, biscotti, ect. La sua ironia non risparmia nemmeno le statue dei miti greci, dei gladiatori e perfino di se stesso, come gli autoritratti in mutande dall'aria compiaciuta e beffarda.
Nonostante la sua versatilità, era un uomo pigro, vittima delle mogli che avevano un gran potere sulla sua personalità e sottomesso probabilmente dal carattere forte della madre, tanto da amministrare in maniera oculata il suo denaro. Fu il primo a creare i “falsi” d'autore. Una 'trovata' che solo un mente lucida avrebbe potuto inventare. Divenuto famoso, gli venivano richiesti sempre le vecchie opere che, ovviamente, aveva già venduto. Quindi pensò di rifarli retrodatandoli. Questa sua “contraffazione” aprì la strada alle falsificazioni: cominciarono a girare le 'repliche' che nemmeno lui, non sappiamo se fingesse o meno, sapeva riconoscere come originali o manipolate. Una situazione kafkiana!
Foto: Giorgio de Chirico, Ariadne, 1913, Olio e grafite su tela, 135,3 x 180,3 cm
New York, The Metropolitan Museum of Art, Lascito di Florene M. Schoenborn, 1995, © Giorgio de Chirico by SIAE 2019