Chiusura 31/12/2020
di Margherita Pavoni
A Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020, è da poco stata inaugurata al Museo d'Arte Cinese ed Etnografico una nuova mostra aperta fino al 31 dicembre, come d'uso più o meno annuale al museo.
A Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020, è da poco stata inaugurata al Museo d'Arte Cinese ed Etnografico una nuova mostra aperta fino al 31 dicembre, come d'uso più o meno annuale al museo.
via S. Martino, 8 Parma mappa
Inaugurazione 26/01/2020
via S. Martino, 8 Parma mappa 31/12/2020
A Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020, è da poco stata inaugurata al Museo d'Arte Cinese ed Etnografico una nuova mostra aperta fino al 31 dicembre, come d'uso più o meno annuale al museo.
Il Museo della città ducale è già ospite di per sé di una variegatissima collezione (molto affascinante) che sorvola le culture di mezzo pianeta.
Questa volta, a suddetto viaggio unico che si concentra sulla variegata venerazione della Madre Terra di antichissime civiltà ed enorme valore - che io stessa ho potuto documentare in una visita ormai un po' datata - viene presenta la sfavillante tematica delle mode nel mondo.
Il tutto è a cura di Padre Alfredo Turco, Maurizio Salvarani, Chiara Allegri e Laura Ferrari.
Spetta sicuramente un posto prioritario in ambito d'abbigliamento alla Cina poiché, pur mancando millenni alla nascita di Cristo, fu proprio qui che nacquero il lusso e la sartoria di fino come descritto nella mostra dal titolo “La moda nel mondo: i vestiti raccontano la vita dei popoli”.
Tutto diviene vero e proprio atlante d'abbigliamento. Dalla Cina arriva l'ornamento nuziale: collare tubolare con sezione superiore con 2 draghi (maschile e femminile e simbolo della fertilità). Con posto d'onore nella mostra occupato dal Longpoo, l'abito dei draghi: elegantissimo vestito cinese di corte sposa Quing.
A integrare ciò il tradizionale taoista: Gipao e Fennuguo, per difendersi dal clima delle steppe. Presenti in esposizione anche le tipiche calzature femminili imperiali interamente in legno con tacchetti.
E ancora, dall'Indonesia scialli, dal Giappone giacche Haori con stemmi di famiglia “mon” e parasoli bambù, kimono femminili e obi per le donne sposate; dal Sudan babbucce tribali, dal Ghana tessuti cerimoniali in seta, dal Burkina Faso abito tradizionale in tunica e pantaloni, dal Bangladesh il burqa, per approdare al Cameroun con collane Keweyena Kiella e le cavigliere di alluminio.
Per quanto riguarda la Repubblica Democratica del Congo, particolari sono i riferimenti alla società segreta "Bawami", anche in campo d'abbigliamento, costiutiti da corredi classici. I vestiti mostrati sono quelli pregiati dell'associazione "In tombu Ma kindi " e "Kangamnwa". In esposizione si spazia dai gonnellini in fibra vegetale ai diademi.
Le tribù amazzoniche godono di un loro angolo d'esposizione davvero unico: nulla manca del corredo decorativo del popolo kayapó, fra tessuti vegetali e piume.
Secondo Padre Alfredo Turco, direttore del museo: "Questa mostra è la miglior rappresentazione della grande missione d'interculturalitá che un museo missionario è chiamato a intraprendere"
Mentre Chiara Allegri, responsabile marketing dichiara: "grazie all'abbigliamento è diretto il link con un'appartenenza ad una tribù, un movimento, un popolo....Il vestiario è una forma comunicativa vera e propria interpretabile anche a livello sociale".
In conclusione va sottolineato che sono esposti anche busti sartoriali in modello linea Schäppi 4000, realizzata da Bonaveri leader mondiale. Caldeggio personalmente l'esposizione.
Foto: Ombrellino tradizionale parasole, bambù e carta giapponese dipinta, dei primi anni del 1900