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Mario Lavezzi Il nuovo libro “E la vita bussò”, cinquant'anni di carriera

intervista di Francesca Bellola

Definire la sua attività è riduttivo, è - infatti - compositore, produttore, musicista, arrangiatore, talent-scout, promotore. Stiamo parlando di Mario Lavezzi, uno degli artisti più apprezzati del panorama musicale italiano, che ha da poco festeggiato 50 anni di musica d’autore. Vanta una carriera straordinaria, costellata da numerose collaborazioni con Lucio Battisti, Mogol, Ornella Vanoni, solo per citarne alcune. Ha composto e prodotto capolavori come “Vita” di Dalla-Morandi e “E la luna bussò” della Bertè.

 Nonostante la pandemia la tua attività è sempre intensa.

«Continuo a lavorare. E' uscito un cofanetto, una sorta di Storyboardche racchiude tre CD, uno con tutte le canzoni che ho scritto, il secondo con quelle che ho prodotto ed il terzo con le mie interpretazioni. L'anno scorso, in gennaio, ho fatto un tour promozionale al Teatro Comunale di Cagli (Pesaro e Urbino), poi al Teatro Dal Verme di Milano, al Teatro Duse di Bologna, all'Auditorium Parco della Musica di Roma ed infine al Teatro Colosseo a Torino. Purtroppo con il lockdown siamo stati costretti a interrompere i concerti».

Il tuo ultimo singolo s'intitola “Il mare al tramonto”. Inoltre hai pubblicato il libro “E la vita bussò”...

«E' un pezzo d'amore in un periodo così difficile. La biografia, edita da Morellini, con la prefazione di Mogol, racconta cinquant'anni di musica».

Un traguardo importante...

«Ho scritto “Il Primo giorno di Primavera” divenuto un grande successo dei Dik Dik nel 1969 in un momento di disperazione. Ero entrato a far parte del gruppo dei Camaleonti, negli anni '65 -'66 con canzoni che raggiunsero le vette delle classifiche come: “L'ora dell'amore”, “Portami tante rose”, Non c'è niente di nuovo”, ect. Dopo due anni e mezzo ho dovuto lasciare il gruppo per fare il servizio militare. Avevo raggiunto l'apice ed improvvisamente il mio sogno era svanito».

Non ti sei dato per vinto.

«Anzi, questa forma di disperazione mi ha stimolato a scrivere; la creatività nasce sempre dal tormento e anche dall'innamoramento».

In quale zona di Milano abitavi?

«In piazza Napoli, zona Giambellino».

Pensi che per scrivere bisogna essere tormentati?

«In molti casi la sofferenza intensifica la creatività».

Una canzone nata in questa genesi.

«Quando mi sono separato da mia moglie ho pubblicato l'album “L'amore quando c'è” uscito nel 2011; la canzone “Stella” era dedicata a lei».

Sei un artista autodidatta. Quando è iniziata la passione per la musica?

«Presto. Avevo circa quattordici anni e quando andavo a casa di mio cugino e vedevo la sua chitarra appesa al muro, provavo una forte attrazione; la guardavo come se fosse un oggetto del desiderio. Anche mia sorella maggiore aveva una chitarra che non mi faceva toccare. Nel momento in cui non l'ha più utilizzata, ne ho preso pieno possesso».

Qual è stato l'incontro che ha dato una svolta alla tua carriera?

«Certamente Battisti che aveva prodotto la canzone “Il primo giorno di Primavera” con i testi di Mogol e Minellono. Sono entrato a far parte della loro etichetta discografica “Numero uno”, un grande punto di riferimento ed un ottimo laboratorio».

Un ricordo di Lucio Battisti.

«Era una persona affabile, aveva un suo modo di essere, giocavamo a ping pong, facevamo le foto e le stampavano nella camera oscura a casa sua».

Quali erano i luoghi di ritrovo a Milano?

«Avevamo aperto con Mogol e Radius un locale che si chiamava Arlati. Era una cantina che abbiamo arredato e ristrutturato in zona Fulvio Testi».

Nel 1975 nasce la collaborazione con Loredana Bertè. Canzoni indimenticabili come “E la luna bussò”, “Fiabe”, “In alto mare”. Com'era Loredana?

«Era venuta con la sua amica Marcella Bella nel nostro locale Arlati. All'epoca aveva già i numeri per sfondare, era molto estrosa nel vestirsi e intuitiva. Un vulcano. Poi ha iniziato a seguire i miei concerti e da lì ci siamo fidanzati. Successivamente il nostro rapporto è diventato solamente professionale».

Era molto diversa da Mia Martini?

«Erano completamente diverse, Mimì più professionale dal punto di vista del canto, Loredana faceva una ricerca soprattutto sul personaggio».

Hai prodotto anche Fiorella Mannoia, Anna Oxa, Loretta Goggi e molte altre interpreti. Un aggettivo per ognuna di loro.

«Fiorella è molto impegnata sui contenuti nella scelta delle canzoni. Anna privilegia la parte canora, è dotata di un'ottima tecnica, quindi considera molto il suono, quando l'ho prodotta cercavo di unire il suono al testo. Loretta, un'artista completa che faceva delle imitazioni meravigliose, è dotata di un'ottima voce».

C'è una canzone che hai scritto che non ha avuto il successo che meritava?

«Si, non una in particolare, magari quelle non 'esplose' completamente. Forse “Quell'attimo in più” scritta per i Camaleonti, arrivati terzi al Festival di Sanremo, e “Biancaneve” con Alexia potevano avere un successo maggiore».

C'è un artista sulla quale puntavi e che invece ti ha delusa?

«Avevo prodotto Deborah Lurato, vincitrice di “Amici”. Ho cercato di farle fare un percorso per evolversi, imparando l'inglese, la dizione ma non ha 'spaccato' come avrei voluto».

Un artista con cui vorresti collaborare?

«Celentano, Tiziano Ferro, Jovanotti».

Basta una bella voce per emergere?

«Se noi guardiamo in Rai Techetè degli anni '70 vediamo personaggi quali Mina, Loredana Bertè, Patti Pravo, Ornella Vanoni che hanno dimostrano di aver una spiccata personalità. Ma non sono molti. Ci vuole impegno e determinazione per raggiungere un obiettivo».

C'è una canzone che avresti voluto scrivere?

«L'Essenziale di Mengoni».

Ornella Vanoni ha cantato nel 2018 sul palco di Sanremo con gli autori del suo pezzo. Un'artista generosa...

«Ornella è andata a Sanremo interpretando la splendida canzone “Imparare ad amarsi”. Quello che mi ha colpito era il titolo, mentre il testo era diverso. Pacifico e Bungaro le hanno costruito 'addosso' il vestito. Ha partecipato con gli autori per valorizzare anche i creativi. Inoltre, con loro sul quel palco si è sentita rassicurata».

Progetti futuri?

«Dovrei riprendere il tour ma stiamo aspettando di vedere come procede l'emergenza sanitaria prima di fissare le date del 2022.

Sei anche Presidente del Consiglio di Sorveglianza della SIAE - Società Italiana degli Autori ed Editori...

«Si, dall'ultima proiezione sembra che torneremo a regime solo nel 2023. Questo significa che gli incassi attraverso i diritti d'autore sono sospesi».

Vuoi parlare del “CampusBand Musica & Matematica”?

«Il Campus è dedicato agli studenti che hanno la passione per la musica. E' realizzato in collaborazione con il Corriere della Sera, RTL, il Comune di Milano e la SIAE. La quarta edizione, presentata al Castello Sforzesco, è stata vinta dal giovane Gaetano Moragas, ora stiamo preparando la quinta».

I tuoi figli seguono il tuo percorso artistico?

«Non proprio. Marco, laureato e con un Master di Broker finanziario, ha aperto nel 2020 il ristorante “Graffiti” in via Vespucci a Milano. La specialità è la pizza con la Pata Negra; scelgono materie di prima qualità. Si trattano bene i ragazzi! Giulio, invece, è segretario di produzione di “Amici” e lavora con la Warner Music Group. E' amante del Rap e del Trap».

Cosa ne pensi del nuovo skyline milanese?

«C'è stata una svolta dopo Expo anche grazie alla coesione dei tre sindaci che si sono susseguiti, continuando un percorso che ha reso il capoluogo lombardo cosmopolita».

Milano associata ad un colore?

«Azzurro, blu perchè è intensa e dinamica e poi gialla, per l'allegria».

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Viaggio nell'Arte con Francesca Bellola

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