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Accademia Nazionale di San Luca, Roma LA VISIONE, , La metafisica della luce nelle tradizioni del buddhismo esoterico indiano e tibetano

Mercoledì 22 giugno 2022, ore 17.30
Gli incontri dell'Accademia Nazionale di San Luca
 Giacomella Orofino  dialoga con Marco Tirelli introduce Claudio Strinati

 Quando le dottrine esoteriche del buddhismo tantrico indiano si diffusero in Tibet, dopo l’anno mille, emersero alcune correnti mistiche di yoga che considerarono la luce un principio fondamentale. Gradualmente si formò una metafisica della luce che caratterizzò profondamente la teoria e l’esperienza religiosa.

La luce era considerata una componente fondamentale dell’universo, sia dal punto di vista cosmologico, sia ontologico. Furono scritti trattati di yoga visionario, basati sull’esperienza di epifanie luminose, sempre più intense e radicali. Utilizzando la definizione di “metafisica della luce”, dobbiamo sottolineare che tale espressione fu coniata nel 1916 dal filosofo tedesco Clemens Baeumker, nella sua analisi dei trattati filosofici latini medievali che avevano subito influenze diverse, tra le quali il Neoplatonismo, la Teologia cristiana e il pensiero filosofico arabo. Robert Grossetest (1175-1253) fu il rappresentante più interessante di questa filosofia, sebbene la metafisica della luce occidentale non sia mai stato un sistema strutturato in modo coerente, ma una corrente di pensiero molto eterogenea e diversificata. In questa conversazione Giacomella Orofino non intende fare una analisi di filosofia comparata, ma tracciare una linea tra questi due mondi medievali, almeno nel definirne i fenomeni religiosi. Verranno analizzati alcuni elementi della metafisica della luce che emergono dalla letteratura del Kālacakratatra e dei tantra dell’ Atiyoga, della collezione canonica del 17 tantra degli antichi, Rnying ma rgyud bcu bdun, in cui si possono rintracciare le basi teoriche di uno dei testi più famosi della letteratura religiosa tibetana, “La liberazione attraverso l’udire, nel periodo intermedio che precede la morte” (Bardo thos sgrol chen mo) che, come è universalmente noto, fu tradotto in inglese per la prima volta nel 1919 da Kazi Dawa Samdup e dall’antropologo inglese Walter Yeling Evans-Wentz con il titolo “Il libro tibetano dei morti”.

 Giacomella Orofino, professoressa ordinaria di Lingua e letteratura tibetana e di Civiltà e religioni indotibetane presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. E’ presidente del Centro di studi sul buddhismo dell’Università Orientale, socia fondatrice e presidente dell’Associazione Italiana di Studi Tibetani, Himalayani e Mongoli (AISTHiM) e socia fondatrice dell’Organizzazione non Governativa ASIA onlus (Associazione di Solidarietà Internazionale in Asia) che attua progetti di cooperazione e sviluppo nei paesi indiani di area Himalayana, Nepal, Cina, Mongolia, Myanmar e Sri Lanka. Ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali: membro del Senato Accademico, presidente della Commissione Paritetica Studenti Docenti, delegata del Dipartimento DAAM per la Terza Missione ecc. Ha partecipato e organizzato numerosi convegni internazionali e nazionali.

 MODALITÀ DI ACCESSO:
Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Prenotazione obbligatoria scrivendo a: prenotazioni@accademiasanluca.it

 Informazioni: www.accademiasanluca.eu; tel. 06 6798848 - 06 6798850 selezionando l’interno della portineria

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