Clara Bartolini
Se non lo conoscete, ed è purtroppo facile, dobbiamo essere grati a Intesa Sanpaolo per avere dedicato a questo grande maestro del 900, spesso dimenticato, una esaustiva mostra visibile fino al 29 settembre e curata da Luca Massimo Barbero, Virginio Baradei ed Elena Pontiggia. Sono passati 145 anni dalla sua nascita e la mostra ne vuole ripercorrere il percorso artistico. Più di cento le opere esposte provenienti dai musei di Torino, Roma, Firenze e Venezia, e da collezioni private.
Questo artista era un uomo schivo e solitario e insieme profondo, e in pittura ha sempre amato sperimentare. Attratto dal luminismo nordico, dal simbolismo e dall'espressionismo, coglie da questi movimenti quanto gli serve per arrivare ad uno stile personalissimo intriso di religiosità e dalla volontà di mostrare la bellezza del creato ma anche lo stato della gente comune, che diventa spesso soggetto emblematico di molti dipinti dal forte impatto emotivo. I corpi sembrano emettere una luce interna, una luce della carne e dello spirito, così si passa dalla forte potenza della materia alla leggerezza evocativa della spiritualità che avvolge ogni tela di emozioni intense.
Durante l'arco della sua vita questo grande maestro ha presenziato ad eventi di massimo prestigio come la Biennale Di Venezia del 1912 e da allora a diverse altre, ed ha insegnato in istituzioni di massimo livello tra Torino Roma, Firenze e Venezia, le città che lo hanno visto protagonista della vita artistica e culturale della sua epoca che gli ha sempre tributato il successo che meritava. Malgrado i riconoscimenti ricevuti in vita, un velo si è depositato sulla sua fame e bene ha fatto Intesa Sanpaolo a ricordarlo con questa mostra che mette in luce le sue straordinarie capacità pittoriche e umane. Il suo sguardo infatti, ci apre spazi dell'anima, e ci mostra una realtà a volte dura e piena di fatica, quella delle sofferenze di chi non ha voce, ma che non gli ha mai fatto perdere il grande amore per la vita, che non manca di comunicare anche nei suoi scritti.
Dai temi sacri alle nature morte, Carena infonde una luce intima e potente nei suoi personaggi e negli oggetti, con una originalità intrisa di religiosità profonda che lo porta, nell'ultima parte della sua visita, a scegliere Venezia come luogo dove chiudere la sua esistenza per arrivare ,forse, più profondamente allo spirito e a una vita di maggior silenzio e contemplazione. Questa probabilmente la ragione che ha ridotto e oscurato la sua fama, un desiderio di distacco dalla folla che mal si conciliava con la notorietà. Una mostra da non perdere.