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L’enigma Max Beckmann, un artista da riscoprire

perugini Chiusura 27/01/2019
di Ugo Perugini
Si è aperta al Museo d’arte di Mendrisio, l’antologica di Max Beckmann, artista nato a Lipsia nel 1884 e morto nel 1950, stroncato da un infarto, al Central Park mentre si recava al Metropolitan Museum a vedere una sua opera.
piazza dei Serviti, 1 Mendrisio mappa
Inaugurazione 28/10/2018
Si è aperta al Museo d’arte di Mendrisio, l’antologica di Max Beckmann, artista nato a Lipsia nel 1884 e morto nel 1950, stroncato da un infarto, al Central Park mentre si recava al Metropolitan Museum a vedere una sua opera.

Pittore, scultore, grafico, non molto conosciuto in Italia (l’unica sua mostra si tenne nel 1996 a Roma), viene considerato uno dei Maestri dell’arte moderna.
L’esposizione prevede 30 dipinti, 17 acquerelli, 80 grafiche e 2 sculture che resteranno a disposizione del pubblico dal 28 ottobre al 27 gennaio 2019.
Alti e bassi hanno caratterizzato la vita artistica di Max Beckmann. Momenti di successo e momenti di grande crisi si sono alternati, a causa anche delle vicende storiche alle quali ha partecipato e che hanno sempre inciso pesantemente sulla sua persona e sulla sua creatività artistica: la precoce celebrità, la Grande Guerra che lo segnò nell’animo (era stato infermiere volontario), l’avvento del nazismo che definì “degenerata” la sua arte (oltre 600 sue opere furono tolte dai Musei tedeschi), il triste esilio ad Amsterdam e il successo negli Stati Uniti, nell’ultima parte della sua vita.

Qualcuno lo ha definito il “grande solitario della cultura del Novecento”. In realtà, il suo lavoro non è facile da classificare e si intreccia in modo complesso anche con le diverse tecniche da lui utilizzate: olio, acquerello, grafica (puntasecca, xilografia, litografia), scultura. A cui si aggiunge il suo originalissimo modo di “ripensare” certi soggetti pittorici tradizionali come le nature morte, le scene d’interni, il paesaggio, il ritratto e rivitalizzarli attraverso significati allegorici, mitologici, spesso difficili da decifrare.

All’inizio, la sua esperienza artistica è influenzata da una sorta di tardo impressionismo, fortemente legato alla tradizione dei secoli passati (Tintoretto, Signorelli, Tiziano, Michelangelo) con influsso del gotico tedesco (Bruegel, Van der Weyden, Cranach e Grünewald), in contrapposizione con le avanguardie. La sua idea è perseguire “con tutta l’anima la pittura che ha profondità”, cercare di cogliere con il suo lavoro “lo spirito del tempo”, di penetrare la realtà dell’“immenso teatro del mondo”, cercando di esorcizzarne le tragedie, l’orrore (dipinse opere sul naufragio del Titanic e sul terremoto di Messina), il che lo porterà vicino all’espressionismo tedesco per poi superarlo avvicinandosi alla “Nuova Oggettività” di Otto Dix, George Grosz, per intendersi.

Amava Schopenhauer, era attratto dalla teosofia, dalla cabala, nella sua pittura cercava il ponte “che unisce il visibile all’invisibile” come ebbe ad affermare nel 1938 a Londra, illustrando la sua teoria sulla pittura.
Ma le influenze di artisti e stili diversi sono frequenti nelle opere di Beckmann. Sta al fruitore saperle cogliere. Qualche esempio: El Greco riemerge, insieme a echi di Cézanne nello “Studio per la Resurrezione”, nel “Paesaggio con mongolfiera” la composizione ricorda certi lavori di Henri Rousseau. Ma, indubbiamente, Max Beckmann mostra una personalità forte, decisa, perentoria, soprattutto nei suoi numerosi autoritratti, ossessionato, forse solo come lo fu il grande Rembrandt, dal voler diventare il soggetto preferito della sua pittura, con l’ansia un po’ maniacale di scorgere i segni del passare del tempo sul suo viso o le diverse variazioni espressive a seconda delle circostanze e degli umori. Senza dimenticare, il vezzo di mostrarsi all’interno di opere diverse, quasi come un Hitchcock del pennello (vedasi l’opera “Siesta”).

Beckmann ebbe due mogli. La prima, Minna, una cantante lirica, da cui divorzia, pur rimanendone amico, per sposare una donna più giovane di lui, che affettuosamente chiama Quappi (“l’angelo mandato dal cielo per completare la mia opera”) e a cui dedica diversi lavori.

Importanti in questa mostra sono le realizzazioni di grafica (ne sono esposte 80). D’altra parte, la grafica era, almeno fino al 1933, periodo in cui l’inflazione galoppava, un ottimo strumento di investimento, adatto a tutte le tasche. Ecco, perché su molti di questi lavori Beckmann intervenne arricchendoli con colori ad acquerello, per aumentarne il valore. Delle raccolte di grafiche del pittore tedesco, una riguarda soggetti legati alla Grande Guerra; un’altra, dove il segno si fa più caustico e maligno, in cui si vedono torture, sevizie, stupri, come ne “La notte” (1919), “L’obitorio”(1922), con l’esposizione macabra di cadaveri o “L’assassinio”(1933), un interno borghese devastato, forse da una colluttazione, con tracce di sangue di una vittima. Un’altra raccolta è riservata ad aspetti più leggeri: il teatro, il circo, il varietà; quella che risale al periodo della Repubblica di Weimar è dedicata ai piaceri dei ricchi (gli spogliarelli) e dei poveri (le gozzoviglie nelle bettole). L’ultima raccolta riguarda opere con temi più difficili da comprendere, dove le figure e le scene diventano enigmatiche e cariche di oscuri simbolismi.
Tra le sue sculture, ne sono presenti due: un autoritratto in bronzo (1936) e l’incantatrice di serpenti (1950).
E’ stata realizzata una monografia di 170 pagine sulla esposizione con illustrazioni a colori, in vendita a euro/chf 35

Mostra al Museo d’arte di Mendrisio – piazza dei Serviti, 1 - aperta fino al 27 gennaio 2019. Orari ma-ve: 10,00 – 12,00/14,00-17,00; sa-do e festivi: 10,00 – 18,00. Chiuso 25 dicembre e 1 gennaio 2019. Ingresso: 12 euro/chf; ridotto: 10 euro/chf
 
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