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Il Fatebenefratelli a Milano: un intreccio di Arte e Storia da scoprire

di Stefano Pariani
La storia dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano è fortemente legata a quella della sua città e affonda le radici nel Cinquecento, tra assistenza ai malati, devozione religiosa e donazioni nobiliari. Nel corso dei secoli, dopo una serie di cambiamenti, si presenta ancora oggi all'appassionato d'arte come una risorsa di interessanti sorprese.
Piazzale Principessa Clotilde 3 Milano mappa
L'ordine dei Fatebenefratelli, il cui titolo esatto è “Ospedalieri di San Giovanni di Dio”, nasce a Granada nel Cinquecento grazie all'attività caritatevole del portoghese San Giovanni di Dio e il suo scopo è quello di portare assistenza materiale e spirituale agli ammalati e ai bisognosi. Già nella seconda metà del secolo i Fatebenefratelli fondano diversi ospedali in Italia, tra cui Roma, Napoli e Milano, e successivamente espandono la loro opera in varie parti d'Europa.

A Milano l'Ospedale Fatebenefratelli nasce nel 1588 per volontà dell'Arcivescovo Carlo Borromeo, da sempre attento ai bisogni degli indigenti e degli ammalati, che tuttavia non riesce a vederne la realizzazione per la sua scomparsa precedente ai lavori. L'ospedale sorge in via Fatebenefratelli, un tempo attraversata dal naviglio, all'angolo con l'attuale Corso di Porta Nuova e viene affiancato nel secolo successivo dalla chiesa barocca di Santa Maria in Aracoeli (1630), con quattro cappelle al suo interno ed un interessante corredo artistico di tele. L'attività dell'ospedale e della chiesa prosegue fino alla seconda metà dell'Ottocento, quando l'ordine dei Fatebenefratelli viene soppresso e sia il complesso ospedaliero che la chiesa vanno incontro all'abbandono e all'incuria, fino alla demolizione di entrambi nel 1937.

Il vecchio ospedale viene allora spostato nel vicino edificio delle Fatebenesorelle di Corso di Porta Nuova, sorto da pochi anni, dove è tutt'oggi attivo. Il nuovo edificio è un interessante complesso neoclassico (1836-1840) costruito su progetto di Giulio Aluisetti in seguito ad una donazione della contessa Laura Ciceri Visconti: la lunga facciata a tre piani ha una bella parte centrale con una serie di archi, sovrastati da alte finestre e colonne, e tre lastre a bassorilievo nella parte più alta che narrano le vicende della costruzione dell'ospedale. L'edificio s'inserisce, pur con qualche anno di ritardo, in una Milano protagonista di uno straordinario periodo neoclassico, con la costruzione di opere come il Teatro alla Scala, Villa Belgioioso, l'Arena civica e l'Arco della Pace, per citarne alcune. Nella parte destra della sua facciata ha una cappella dedicata ai Santi Giovanni di Dio e Vincenzo de' Paoli, ancor oggi attiva con funzioni religiose e concerti d'organo, che ha l'aspetto di una piccola, raccolta chiesetta in stile neoclassico a tre navate. Con i suoi soffitti affrescati e l'abside dipinta a effetto illusionistico, la cappella è un gioiellino che vale la pena di una visita; sulla cupola la luminosa “Assunzione della Vergine” di Baldassare Verazzi, apprezzato pittore risorgimentale.

Ma non finisce qui, perchè un altro tesoro artistico è conservato nell'ala nord dell'ospedale: si tratta di una vera e propria galleria di 84 quadri provenienti dal vecchio Fatebenefratelli e dalla Chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Tra questi la pala d'altare della Chiesa e un bellissimo “Cristo deposto” di ignoto seicentesco, curiosamente raffigurato sospeso da scale di legno, il cui corpo taglia trasversalmente la tela con interessante studio anatomico e un gioco di luce e ombra che ricorda la pittura caravaggesca. Nella vasta quadreria anche una tela di Camillo Procaccini, “Il Buon Samaritano che assiste un malato”, dipinto con vibrante pennellata. Sono tante le tele della quadreria dalla fine del Cinquecento al Novecento, scene di soggetto religioso e ritratti di benefattori, tutti visibili solo in particolari occasioni, come le giornate promosse dal FAI.

Un percorso, insomma, che nasce secoli fa. Se a volte la storia di Milano non si è dimostrata clemente verso i suoi beni artistici, quel che resta è legato al filo rosso che tiene insieme la memoria di un passato in qualche modo ancora presente. Il Fatebenefratelli ne è sicuramente un esempio.


 
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