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“Baci rubati, Covid 19”, l'arte di Galliani

A cura di Francesca Bellola

Il pittore di fama internazionale si racconta: l'infanzia, l'Emilia, l'isolamento e l'ispirazione per la sua ultima opera. Seduzione e mistero del fascino femminile. La ricerca della bellezza eterea attraverso il rigore formale e la cura del dettaglio e della tecnica. L'universo di Omar Galliani racconta il suo ideale di magnificenza classica e contemporanea.
L'artista emiliano di fama internazionale, crea immagini dai grandi volti disegnati in maniera ineguagliabile col tratto esperto della matita come fosse un diamante puro e luminoso. Le sue opere sono presenti in numerosi musei, come il suo autoritratto donato agli Uffizi, e “Il Martirio di Sant'Orsola” che è entrato a far parte della collezione delle Gallerie d'Italia a Milano.

Maestro, come ha trascorso il periodo di emergenza Covid?

«Lavorando nel mio studio ad un progetto nato dalla condizione dell'allontanamento e di tutti quei gesti: affettuosità, carezze, abbracci. Così è nata l'opera “Baci Rubati/Covid 19”, sessanta tele disegnate a grafite, ognuna di 60 cm x 60, in un'unica opera di tre metri per sei. Un affresco della quodianità dal quale ho attinto davanti allo schermo del mio PC e del televisore. A settembre una nota fondazione ospiterà l'evento».

Cosa ricorda della sua infanzia?

«Il mio studio, la mia casa è a pochi metri da un torrente che si chiama “Enza”. Da bambino mi perdevo tra i canneti o tra i filari dei pioppi dove nidificavano piccoli uccelli dalle piume multicolori, fringuelli, verdoni, cardellini che poi disegnavo nel mio quaderno di educazione artistica. Ricordo la mia prima volta alla Pinacoteca di Parma davanti alle opere del Correggio o di Parmigianino, accompagnato dai miei genitori. Rimasi senza parole. Mia madre mi trovò uno studio a soli 14 anni».

In occasione della mostra su Caravaggio alle Gallerie d’Italia di Milano nel 2018, ha presentato la monografia sul genio lombardo del Seicento...

«Gallerie d'Italia mi ha invitato a realizzare un omaggio al Merisi in occasione della grande mostra di Palazzo Reale nel 2017. L'opera su cui ho lavorato, “Il Martirio di Sant'Orsola” è l'ultimo capolavoro dipinto da Caravaggio prima della sua morte. Su queste straordinarie tracce ho realizzato 2 grandi opere una delle quali è conservata nelle collezioni di Gallerie d'Italia».

Ha ottenuto importanti riconoscimenti critici e realizzato mostre in tutto il mondo. Il suo prossimo viaggio?

«Ho ricevuto un invito ad esporre a luglio a Madeira nell'Oceano Atlantico a “La Salita”, galleria storica di Roma».

La sua figurazione si distingue per il “tratto” a punta di grafite...

«Non ho mai considerato il mio lavoro figurativo fine a se stesso. Il disegno a grafite su tavola si avvale del solo legno di pioppo e di una mina di pochi millimetri. La scelta di lavorare su vaste dimensioni fino allo sconfinamento astratto, mi restituisce un'unicità difficile da contenere che spesso ho chiamato: “Il disegno è infinito”».

Cosa ne pensa del nuovo skyline milanese?

«Lo trovo come un “Faro nella notte” di un Paese che non ha investito molto nel proprio nuovo abito architettonico da indossare, in un confronto internazionale sempre più competitivo».

Insegna pittura all'Accademia di Brera...

«Parto con il Freccia Rossa, dalla bellissima stazione Calatrava di Reggio Emilia ed arrivo a Porta Garibaldi, per poi raggiungere a piedi l'Accademia di Brera».

Il suo colore?

«Il colore dei miei disegni è rivolto al nero ma anche al bianco, se consideriamo che il pioppo su cui lavoro è chiaro, per poi virare nel tempo sul miele, un mix tra luce e ombra, notte e giorno, vita e morte, rinascita».

continua su "Il Giorno"




 
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Viaggio nell'Arte con Francesca Bellola

Rikke Laursen

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