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A Torino dal Musée D'Orsay Dopo Degas e Renoir, arriva Monet

di Ugo Perugini

Inaugurazione 02/10/2015  - Chiusura 31/01/2016 Torino, via Magenta, 31 mappa

monetQuaranta capolavori di Monet, uno dei più amati pittori impressionisti francesi, cinque mai esposti, saranno visitabili alla GAM di Torino fino al 31 gennaio 2016. Si tratta della più grande mostra fuori dai confini francesi di questo pittore. La precedente retrospettiva sull’artista a Parigi del 2010 ha avuto oltre due milioni di visitatori. Quindi, si attende anche per questa esposizione un grande successo di pubblico, visto che già risultano prenotati oltre 700 gruppi di visitatori (con una media di 25 persone ogni gruppo). Il Direttore del Museo D’Orsay, Guy Cogeval, al quale verrà assegnata una laurea honoris causa presso l’Accademia Albertina, ha anche anticipato che nel solco della sua politica di far viaggiare le collezioni del suo museo nel mondo, prossimamente a Torino arriverà anche Manet.

monet

mappa 02/10/2015 31/01/2016 Torino, via Magenta, 31
Una Mostra del genere necessita di notevoli contributi anche privati. A parte il Gruppo Skira che produce la rassegna in collaborazione con la GAM, tra gli sponsor occorre citare il Gruppo Unipol, FCA Fiat 500 e come media partner La Stampa e Il Secolo XIX. Torino punta sull’arte perché crede che la cultura costituisca di per sé un modello di sviluppo e una leva per la qualità della vita sia in termini sociali che economici.

La Mostra descrive i momenti salienti del percorso artistico di Monet. A cominciare dalla famosa opera “Déjeuner sur l’herbe” (per la prima volta in prestito) che rappresenta un passaggio cruciale per l’approdo all’impressionismo (1865-66). Poi, per citarne qualcuno, “La Pie” (1868-1879) con quella “pittura chiara”, quasi abbacinante, che fu rifiutata dalla giuria del Salon; gli studi sulla vibrazione dell’acqua alla luce nei lavori ad Argenteuil (1872); l’interno di un appartamento con un bimbo in penombra (Un coin d’apartement, 1875); la via Montorgueil a Parigi, dove si celebra la festa della pace e del lavoro, con le bandiere che garriscono al vento e la folla animata e entusiasta (1878), fino alla ragazza con il parasole (1886) e la cattedrale di Rouen nelle due versioni con tempo grigio e in pieno sole (1892-1893); per finire con il Parlamento di Londra, immerso nella nebbia che il sole fatica a penetrare (1904).

monetMeno tecniche e teorie e più istinto”. Se volessimo definire in poche parole l’impressionismo questi sarebbero termini molto calzanti. Altra affermazione che forse potrebbe portare chiarezza alla definizione di questo movimento è: i pittori “perseguono unicamente un effetto di impressione, lasciando la ricerca dell’espressione agli amanti della linea”. Altro elemento per capire questo tipo di pittura è la ricerca da parte di questi artisti, Monet in testa, di una certa atemporalità, un assoluto, “la poesia eterna del mondo, in ciò che ha di più affascinante e spontaneo”.

Il lavoro di Monet presuppone una operazione di astrazione, di annullamento del sé, del proprio modo di interpretare razionalmente la natura, che contempli un forte coinvolgimento dal punto di vista emotivo allo scopo di cogliere la verità che possono trasmettere i colori, la luce, nelle sue infinite variazioni (quanto vicine alle variazioni di umore che abbiamo anche noi?). Di qui, la sua pennellata che si fa libera, senza intralci o pregiudizi tecnici. Cosa che all’inizio gli viene rinfacciata aspramente dalla critica. Ma che poi gli sarà riconosciuta come caratteristica propria: si parla, a questo riguardo, di “realismo emotivo”.

Una bella frase di Monet che racchiude la sua poetica: “Sono costretto a continue trasformazioni perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.”

Il soggetto, il “motivo” – lo dice lo stesso Monet – conta poco. Conta la ricerca degli effetti di luce e le loro variazioni durante le ore del giorno. Pensiamo alla serie, come le “Ninfee”, peraltro anch’essa oggetto di critiche da parte di chi ha voluto assimilare questi lavori a poco più che un “gioco d’artifizio”, senza tenere conto, invece, della capacità dell’artista di cogliere il rapporto sottile e coinvolgente tra luce e colore. Cezànne affermava, per dare senso all’operazione di astrazione del suo amico pittore: “Monet non è che un occhio, ma che occhio!”. E Guy de Maupassant lo definiva un vero “cacciatore di impressioni”.

Questi sono tutti elementi che tornano utili per chi vuole avvicinarsi a Claude Monet e cercare di capirlo un po’ più a fondo. Davanti ai suoi quadri occorre fermarsi. Il nostro occhio deve rotolare sulle campiture di colore lasciandosi a sua volta impressionare. Bisogna, insomma, cercare di ripetere all’inverso l’operazione che ha compiuto l’artista: sentire i colori con gli occhi, con il cuore, cogliere il piacere ancestrale di certi gialli (che qualcuno ha definito “burro fresco”), passando dai colori “pesanti” come nell’imprevedibile “Gli scogli di Belle-Ile, la costa selvaggia”, alle tenui sfumature delle opere di Argenteuil, alle biancheggianti piume dei Tacchini, ai paesaggi di neve, scoprendo, se siamo accorti, quando il bianco vira verso il blu e ci restituisce un brivido sottile per la schiena.

Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea

Torino, via Magenta, 31

Orari: lunedì chiuso; da martedì a domenica. 10,00-19,30.

www.mostramonet.it

A Torino dal Musée D'Orsay  Dopo Degas e Renoir, arriva Monet
 
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