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Aurekio Caliri alla dfisarmonicaFino all’ottobre del 2010 non sapevo della sua esistenza, poi Salvo Zappulla mi inviò un suo articolo intitolato Aurelio Caliri artista e sognatore, che pubblicai su Arteinsieme il 22 dello stesso mese. Il narratore siciliano ha scritto un bel pezzo, soffermandosi in particolare sull’eclettismo; infatti Caliri si cimenta nella letteratura, nella musica e nel disegno, in ogni caso con risultati di eccellenza. Questa rara caratteristica ha colpito il mio interesse e allora ho cercato di sapere un po’ di più di quest’artista, magari di conoscerlo e un contatto oggi, sempre telefonico o via internet, uno domani, in breve siamo diventati amici, al punto anche che mi ha reso partecipe di alcune sue iniziative editoriali. Simpatico, effervescente, è una di quelle persone con cui è piacevole parlare e che è capace di trasmettere un entusiasmo non frequente soprattutto in uno che da tempo ha raggiunto la maturità.

 

Peraltro, al di là dell’amicizia, il mio interesse per lui era ed è volto a comprendere un individuo che a definire personaggio è già poco. Del resto uno che disegna splendidamente, che scrive poesie e racconti, che compone musica e la suona con la fisarmonica o con il pianoforte è veramente merce rara, benché il nostro paese presenti casi analoghi, pochi ma comunque più delle altre nazioni europee. Se quest’attitudine artistica è un fattore innato, poi sviluppata con la necessaria applicazione e l’indispensabile studio, ciò che per me necessitava di una spiegazione logica è proprio questo entusiasmo, a volte travolgente. Comprensibile in un giovane di belle speranze, è enigmatico in un uomo che pensi di aver dato tutto alla vita. Ho letto i suoi racconti (belli tutti quelli riuniti nel volume La voce del vento), ho osservato i suoi disegni che ritraggono in modo sbalorditivo una Sicilia per lo più arcaica, ho ascoltato i CD che mi ha inviato, con musiche belle e originali, e piano piano ho cominciato a capire.

Ma questi elementi di analisi non bastavano, perché non c’è di meglio di far parlare l’interessato ed è così che ho abbozzato un’intervista, troncata quando era prossima al termine per motivi contingenti suoi e miei. Tuttavia, quelle poche domande mirate, a cui sono state date risposte franche e sincere, sono riuscite meglio a delinearmi il Caliri uomo e artista, sì perché i due aspetti sono unici, nel senso che non esiste una separazione netta, anzi l’uomo Caliri non potrebbe esistere se non ci fosse la sua arte, che è sempre presente in ogni ora del giorno, quasi che il destino dell’uomo fosse quello di continuare a esprimersi e a vivere in termini artistici.

C’è chi si realizza grazie a una passione, a un qualche cosa che gli è connaturato e c’è chi vive in funzione dell’arte e Caliri rientra in quest’ultimo caso. Pur in presenza dei risultati senz’altro di eccellenza, non è uno che insegue il successo (se c’è è meglio, ma non è lo scopo per cui opera), ma è un uomo che nella creatività trova la sua ragione di esistere e di continuare a vivere, in un susseguirsi di idee che lo entusiasmano e che portano a un cambiamento del concetto di tempo; per lui non esiste il domani, ma solo l’oggi, in cui ogni ora è buona per dare libero sfogo alle sue passioni. In questo senso è un essere libero e schiavo solo di se stesso, ma è una costrizione questa che per lui è sinonimo di piacere. Come viene a realizzarsi un progetto, ce n’è pronto uno nuovo, in una esplosione creativa che, contribuendo a variare il concetto di tempo, fa sì che lui viva perennemente in un sogno, in una fantasia di tratti di penna, di note incise sul pentagramma, di ritmico evolversi di melodie che maturano nella sua mente.

Così la sua realtà soggettiva ha preso il posto di quella oggettiva e non è più Caliri che vive, ma sono le sue musiche, i suoi disegni, di cui il corpo è solo un mezzo, uno strumento. Ecco, quindi, la ragione del mio interesse e credo di non sbagliarmi; come avremo l’uomo cibernetico, abbiamo già l’uomo artista e questo è lui. Non crediate che gli sia faticoso essere un tramite dell’arte, anzi è quella fatica che scompare nella gioia della creazione; e Caliri è così un uomo talmente senza tempo che ancor oggi nelle opere realizzate da poco si nota la freschezza tipica di una gioventù mai venuta meno in un sogno lungo una vita.

A leggere i suoi scritti, a osservare i suoi disegni, ad ascoltare la sua musica non si può che restare meravigliati di quanto entusiasmo vi sia profuso, a tutto vantaggio della qualità dei lavori, pregevoli e godibilissimi, frutto di un vulcano di idee in continua eruzione. Se osserviamo con attenzione i ritratti di scorci di una Sicilia antica, oltre ad apprezzare la capacità figurativa, riusciamo ad avvertire anche il respiro di un mondo arcaico; l’anima di epoche passate che muta sembra rivivere sotto quei tratti precisi di penna che non ne fanno una cartolina, bensì fermano in un magico istante le sensazioni che l’artista ha provato. Caliri è profondamente legato alla sua terra e perfino nei racconti e nelle poesie la Trinacria è sempre presente, o da sfondo, o da protagonista, un’isola a cui l’artista deve tanto, ma anche essa stessa deve tanto a lui. E l’augurio migliore che si possa fare a quest’uomo è che il suo sogno continui, affinché ogni tanto, davanti a un suo disegno o a un suo scritto, oppure ascoltando la sua musica, anche a noi sia consentito sognare e ritrovare, sia pur per poco, l’entusiasmo dei nostri anni più belli ormai lontani.

Renzo Montagnoli

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