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Dall'Impressionismo a Picasso. A Genova in mostra capolavori tra Ottocento e Novecento

di Stefano Pariani

impresionistiDi fronte alla mostra genovese, allestita presso il piano nobile di Palazzo Ducale già da fine settembre, qualcuno potrebbe domandare: c'era bisogno dell'ennesima mostra sugli Impressionisti e i pittori del primo Novecento? La risposta è sì. Intanto perchè diffondere al grande pubblico le opere di artisti che hanno fortemente caratterizzato il passaggio tra XIX e XX secolo in un susseguirsi di stili e innovazioni è sempre importante e poi perchè la mostra di Genova è ben strutturata e guida il visitatore lungo un percorso piacevole, chiaro e quasi distensivo tra una selezione di capolavori... galleria fotografica

La mostra, curata da Salvador Salort-Pons e Stefano Zuffi, espone cinquantadue dipinti provenienti dalla collezione del Detroit Institute of Arts e percorre più di cinquant'anni di arte relativa ad un periodo fondamentale, in cui si succedettero a ritmo forsennato sperimentazioni e nuovi linguaggi, dall'Impressionismo alle Avanguardie. Questo nuovo modo di concepire la pittura, irradiatosi a Parigi nella seconda metà dell'Ottocento, vedeva i pittori uscire dagli ateliers per dipingere “en plein air”, svincolandosi da ogni accademismo, a contatto con la natura, la luce e l'atmosfera del paesaggio. Qualche anno dopo l'affermazione in Europa, i pittori impressionisti cominciarono ad incuriosire anche il collezionismo americano a cavallo del Novecento, particolarmente sollecito nell'acquisto di opere loro e dei pittori successivi e l'allestimento genovese testimonia proprio il vivo interesse del mercato d'oltreoceano. La mostra di Palazzo Ducale si apre con una sala dal titolo emblematico, “Cercando il sole”, con alcuni incantevoli dipinti impressionisti dove la ricerca di quel sole, della luce che dà risalto alla realtà nella sua cangiante essenza, si traduce in pittura di immediata freschezza. E' il caso de “I gladioli” di Monet (1876), dove tra alti gladioli rossi del giardino della casa ad Argenteuil passeggia la moglie del pittore durante un assolato pomeriggio, oppure de “Il sentiero” di Pissarro (1889), illuminato dalla brillantezza della luce. Renoir è presente con alcuni bellissimi ritratti, quello pensoso della “Donna in poltrona” (1874), carnagione di porcellana e discinta, e il nudo integrale della “Bagnante seduta” (1903/06). Due sale, che potremmo definire in un certo senso monografiche, sono dedicate a Degas e a Cézanne: il primo fine interprete della sua società e pittore dal tocco elegantissimo, vicino e allo stesso tempo autonomo rispetto al gruppo impressionista, il secondo figura chiave del passaggio verso le avanguardie e il cubismo in particolare. Di Degas spicca la piccola tela orizzontale delle “Ballerine nella stanza verde” (1879), uno dei tanti soggetti ambientati nel mondo a lui caro del balletto, che ritrae con viva attenzione la fatica e il duro rigore delle prove dietro le quinte, e l'austero ritratto di “Mademoiselle Malot” (1877), dove il vestito nero della donna dipinta trova raffinato contrasto con i fiori bianchi e luminosi alle sue spalle. Articolata anche la sezione dedicata a Cézanne, l'artista che, lasciata Parigi per la Provenza, si orientò verso la resa di un paesaggio “mentale” costruito attraverso i solidi geometrici, come è evidente nei “Bagnanti” (1880), nel “volumetrico” ritratto di “Madame Cézanne” (1886) e nell'amata “Montagna di Sainte-Victorie (1904-06). Con Cézanne e negli anni immediatamente seguenti alla sua pittura si apre un periodo particolarmente fervido di ricerca e proposte, che trovano spazio in una sala dove l'occhio del visitatore si muove con disinvoltura da un quadro all'altro, senza seguire necessariamente un ordine cronologico o una “scuola”, perchè si trova di fronte ad esperienze in qualche modo coeve. Non è strano dunque passare dalla breve e drammatica parabola artistica di Van Gogh, presente con un intensissimo “Autoritratto” (1887) e “Sponda dell'Oise ad Auvers” (1890), dalla pennellata nervosa, alla pittura di Gauguin e il suo enigmatico ”Autoritratto”, fino all'esperienza dei “Nabis” e dei Simbolisti. Di questi ultimi lo straordinario “Evocazione di farfalle” (1910/12) di Odilon Redon ci conduce in un mondo di evanescenza e di vivo colore, dove le leggerissime farfalle che punteggiano la tela a sfondo rosso sono come un sogno, una fantasia delicata e onirica sottilmente inquietante. Le ultime sale della mostra puntano i riflettori su Matisse e i circoli intellettuali di Montmartre e Montparnasse, che animavano la vita culturale parigina e i caffè del Quartiere Latino nei primi anni del Novecento con artisti come Picasso, Braque e Modigliani. Di Matisse sono presenti tele luminose con l'inconfondibile tratto del maestro; “La finestra” (1916) e “I papaveri” (1919) riflettono con i loro colori festosi il clima mite e solare della Costa Azzurra, dove l'artista soggiornò, mentre più cupi sono i toni dei ritratti di Modigliani, volti di uomini e donne inermi e senza pupille, di raffinata solitudine. Gli esiti di tutte queste ricerche culminano con Picasso, attento sia ad assimilare esperienze a lui vicine sia a recuperare la classicità dell'arte. La malinconica “Testa di Arlecchino” (1905) richiama il periodo rosa e la triste vita del circo, “La bottiglia di anis del Mono” (1915) rappresenta invece la fase culminante del cubismo sotto forma di oggetti, riproposto anni dopo nella “Ragazza che legge” (1938), magnifico ritratto “scomposto” di Dora Maar, pittrice e fotografa amante di Picasso. Significativa la sezione dedicata all'Espressionismo tedesco, parallelo alle esperienze francesi e sviluppato dal movimento “die Brucke”, coi suoi tratti taglienti e asciutti e i paesaggi dai colori surreali e carichi di disagio (esemplare il “Paesaggio di montagna al chiaro di luna” del 1919 eseguito da Kirchner), e da “der Blaue Reiter”, che trovò in Kandinsky la sua anima (“Studio per dipinto con forma bianca” del 1913). Presenti anche opere di Otto Dix, Kokoschka e Nolde. C'è ancora tempo per visitare la mostra che resterà aperta fino al 10 aprile e senza dubbio ne vale la pena, perchè, se non apre nuove piste di studio o di interpretazione, traccia un percorso fruibile a tutti con un allestimento interessantissimo e ricco di opere di eccezionale valore artistico, altrimenti di difficile visione considerata la loro collocazione oltreoceano. Il catalogo, con saggi storici e critici, è edito da Skira.

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