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La Certosa Garegnano: lo “scrigno d'arte” che affascinò Petrarca

La Certosa Garegnano: lo “scrigno d'arte” che affascinò Petrarcahttp://www.okarte.it
 
di Stefano Pariani
Alcuni l'hanno ribattezzata la cappella Sistina di Milano per la ricchezza di affreschi che la decorano in ogni sua parte. Eppure non tutti sono a conoscenza di questo scrigno d'arte alle porte della città, posto com'è a ridosso del raccordo autostradale dove ogni giorno passano veloci migliaia di macchine.
via Garegnano, Milano mappa
 
Alcuni l'hanno ribattezzata la cappella Sistina di Milano per la ricchezza di affreschi che la decorano in ogni sua parte. Eppure non tutti sono a conoscenza di questo scrigno d'arte alle porte della città, posto com'è a ridosso del raccordo autostradale dove ogni giorno passano veloci migliaia di macchine. E dire che un tempo al posto delle strade asfaltate, dove oggi è visibile la parte posteriore dell'edificio, si apriva un ampio chiostro attorno al quale erano disposte le celle dei monaci, ognuna delle quali aveva un piccolo orto. Avvicinarsi oggi alla Certosa significa ignorare per alcuni momenti la città, i suoi ritmi, le incombenze, per entrare in un “altro mondo”, dove regnano il silenzio e il raccoglimento.

Quando la Certosa venne edificata, nel 1349, Garegnano era un borgo fuori circa quattro chilometri dalle mura cittadine, un luogo immerso nella campagna, ricco di boschi e corsi d'acqua, dove non mancavano scorribande di banditi e delinquenti. L'allora vescovo e signore della città era Giovanni Visconti che, avendo sia incarichi spirituali che politici, non poteva dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Fu per questo motivo che fece erigere l'edificio appositamente per i monaci certosini, offrendo loro un luogo ove pregare e dedicarsi alla vita contemplativa.

In seguito i Visconti ebbero sempre un occhio di riguardo per la Certosa con cospicue donazioni e il luogo di preghiera divenne così importante da attirare l'attenzione anche dei malviventi del posto: nel 1449 subì le razzie di bande di briganti che saccheggiarono ori e preziosi. Ma, nonostante quest'episodio, la Certosa restava comunque un luogo di pace e di rifugio per viandanti e pellegrini nel corso dei secoli, fino a quando, in seguito alla soppressione degli ordini contemplativi da parte di Giuseppe II d'Austria nel Settecento, i certosini dovettero abbandonare la struttura.

L'edificio, come si presenta oggi, è frutto di interventi e restauri successivi, operati dall'architetto Vincenzo Seregni tra il 1570 e il 1608, che cancellarono quasi ogni elemento della primitiva struttura. La facciata in forme tardorinascimentali si presenta ripartita in tre ordini, scanditi da coppie di lesene che dividono le nicchie contenenti statue di Santi e Vescovi. Nell'ordine più alto è presente un altorilievo raffigurante la “Maddalena portata in cielo dagli angeli”.

L'interno, a navata unica, è interamente affrescato secondo un programma rispondente ai dettami della Controriforma, che prevedeva per l'arte una funzione edificante che portasse il fedele a riflettere sui valori della fede e sulla vita esemplare dei santi. La decorazione del presbiterio venne affidata a Simone Peterzano, pittore bergamasco esponente del tardo manierismo lombardo, celebre anche per essere stato il maestro del giovane Caravaggio. Nel 1578 realizzò opere di ampio respiro scenografico come la “Natività” e l'“Adorazione dei Magi”, rispettivamente a sinistra e a destra dell'altare, caratterizzate da una grande vivacità narrativa, colori squillanti e un senso di quotidianità in cui è calata la rappresentazione sacra.

Nel catino absidale Peterzano ha lasciato una drammatica “Crocefissione” con la Maddalena, dall'abito vaporoso e dalla solida volumetria, ai piedi della croce e cinque angeli addolorati svolazzanti sullo sfondo di un cielo cupo.
La navata e la volta vennero decorate da Daniele Crespi, tra gli artisti più celebri della pittura controriformista lombarda, che concluse il ciclo nel 1629. Lungo le pareti della navata sono raffigurate scene della vita di San Bruno, il fondatore dell'Ordine dei Certosini (1084), canonizzato solo sette anni prima. Sulla volta, invece, sono particolarmente interessanti quattro medaglioni esagonali, che raffigurano alcuni momenti tratti dai racconti biblici: “Il sacrificio di Isacco”, che nell'ottica certosina indica la continua obbedienza agli imperscrutabili disegni divini, la “Maddalena assunta in cielo”, personaggio caro ai Certosini (e ricorrente nella Certosa) per il ripudio della vita peccaminosa e il percorso di redenzione e preghiera, “San Giovanni Battista” e l'”Ascensione di Gesù”, tutti visti secondo ardite prospettive dal basso verso l'alto. Il complesso degli affreschi e degli stucchi dorati che li incorniciano sono di grande effetto e impatto e rendono l'interno, in contrasto con la semplicità esterna, un insieme di colori dove l'occhio si perde.

“Mi sono recato in un rifugio amenissimo e saluberrimo. Lo chiamano Garegnano, luogo elevato nella pianura e cinto da ogni parte da fonti modeste e limpide (…) Qui abbondano i piaceri della campagna (…) e ha sede una Certosa, nuova e bella”. Così scriveva Petrarca in una lettera all'arcivescovo di Genova, in seguito alla sua visita alla Certosa nell'estate del 1357. Non c'erano ancora gli affreschi che vediamo oggi, ma il luogo attirò il poeta per la sua amenità e per il religioso silenzio, certamente vicino alla sua indole che amava il ritiro solitario, quando si dedicava allo studio e alla scrittura. Altri ancora furono i personaggi illustri che la Certosa ospitò, come San Bernardino da Siena, Filippo IV di Spagna e Lord Byron nell'Ottocento, che rimase particolarmente colpito dagli affreschi.

La Certosa resta a testimoniare un passato importante, che non va perso: se è vero che le bellezze di una città come Milano vanno spesso scoperte e ricercate, la prossima volta che passiamo dal cavalcavia per l'autostrada non limitiamoci a dare un colpo d'occhio allo svettante profilo della Certosa, perché una sosta e una visita possono essere solo l'inizio di ottimo viaggio.


 
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