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Le musiche delle popolazioni precolombiane

Al MIC di Faenza rivivono le musiche delle popolazioni precolombiane. Messe al bando dai Conquistadores
perché considerate “demoniache”.  Le sorprese che a Faenza attendono il pubblico che al MIC Museo Internazionale delle Ceramiche visiterà “Aztechi, Maya, Inca e le culture dell’antica America” (dall’11 novembre al 28 aprile prossimi, a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta) non sono davvero poche. Una di esse sarà la colonna sonora che accompagnerà in audioguida la visione delle raffinate ceramiche precolombiane qui per la prima volta riunite.
“Se pensiamo alla musica nel Sud America ai tempi della Conquista, l’immagine che probabilmente ci torna più facilmente alla memoria è quella delle scene musicali di The Mission, il celebre film del 1986 diretto da Roland Joffé, vincitore della Palma d'oro al 39º Festival di Cannes, afferma Claudia Casali, direttrice del museo faentino.

“Nel film, angelici cori di bambini Guarani interpretavano melodie di straordinario fascino, scritte e dirette da quel mago delle colonne sono che è Ennio Morricone”.
“Se la rievocazione filmica è una perfetta invenzione di un genio della musica, quello che invece è assolutamente vero è che danza, e canto e musica, considerati di origine divina, furono parte essenziale del patrimonio culturale delle popolazioni precolombiane. Come la mostra proposta dal nostro Museo, documenta”
“Non è oggi possibile ricostruire quali fossero le musiche precolombiane, non essendo disponibili tracce sonore o scritte originali”, scrive il professor Antonio Guarnotta in un brillante saggio del catalogo edito da Silvana.
“Sono disponibili unicamente, oltre alle esecuzioni indigene attuali, rarissime testimonianze rilevate in epoche vicine alla conquista da parte di cronisti e viaggiatori”.
“Uno degli effetti della musica precolombiana che colpì maggiormente i primi europei, era quello di provocare un forte senso di esaltazione religiosa o di trance allo scopo di onorare e propiziare le divinità ancestrali, in una vera e propria espressione di speranza e allo stesso tempo di timore verso di esse: sappiamo di certo che vari strumenti musicali originali vennero proibiti dai conquistatori in quanto il loro suono eccitava la popolazione indigena e spaventava quella europea che li assimilava a demoni.
Svariati strumenti musicali sono giunti dal passato fino a noi, in vari tipi di materiali: terracotta, osso, conchiglia, pietra, metallo, legno, canna e altri materiali di origine vegetale.
Assieme a danza e canto, la musica formò parte essenziale del patrimonio culturale delle popolazioni precolombiane: miti e leggende ci parlano della sua origine divina che la ha destinata sia a repertori secolari e domestici (divertimento, festa, iniziazione, matrimonio, guerra, terapia magica delle malattie, corredo funebre) sia a complemento di rituali (rito e sacrificio, scongiuro di calamità cosmiche e naturali, riti agrari, riti dedicati alle forze naturali erette a personalità mitiche, offerte a montagne e vulcani).
La musica indigena scaturisce dalla popolazione di cui riflette credenze, usi e ambiente, contribuendo a formare parte del proprio patrimonio inalienabile”.
Di questo fondamentale patrimonio la mostra faentina da conto, sia attingendo alle immagini e alle forme di ceramiche qui esposte, sia con l’esposizione di strumenti originali. Utilizzati, forse per l’unica ed ultima volta, per creare la suggestiva colonna sonora di questa magica, imperdibile esposizione.


Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Viale Baccarini n°19
48018 Faenza (RA)
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