IL GIOVANE MUSICANTE
(di Guido Lamberti)
Nei sotterranei di questa metro che mi
aiuta a vivere con la musica e parole che
m’invento, nascono note sconosciute
e armoniose, e trovo il mio ardore
artistico.
Mi stavo formando nelle scuole d’arte
coreutiche della mia città, ma la danza
non era per me. Non è stata una mandragora
a infondermi virtù vocali e musicali in una
notte di plenilunio.
Solo, con la chitarra, un’armonica e un
mazzuolo che col pedale faccio battere
contro una grancassa, ormai logora, e che
mi porto sempre dietro, col sudore in fronte,
qualcuno si ferma ad ascoltarmi.
E poi, di corsa, riprende il suo cammino verso
luoghi che non conosco. Non di frequente sento
il suono dolce e debole di monete che qualche
buon cuore lascia cadere sul mio cappello di
feltro logorato, e che mi aiuta a sopravvivere.
E poi, la notte riprendo il mio materasso
impolverato e sudicio da quel ponte di ferro
che attraversa il fiume di questa immensa città,
per un riposo meritato.
Le luci dell’alba si stagliano sui ponti fluviali
e riflessi di raggi di sole disturbano le mie
palpebre ancora chiuse e stanche, e confusamente
mi desto. Mi richiamano al dovere ed io mi devo
riprendere se voglio vivere d’arte.
Adagio questo mio materasso in un anfratto
di questo tratto di riva ormai a me caro e
riprendo il mio cammino consapevole di
un altro giorno per vivere di musica.
Il pop e lo swing sono la mia realtà e mi
accarezzano l’anima, e il country mi entra
nel cuor mio solitario. Non mi trovo più
perduto in questa metropoli di gente
sempre indaffarata e pensierosa, che va
incontro al quotidiano senza vivere.
Non assaporano il presente a gioire delle piccole
cose, e mi pare di buttare il mio canto e la mia
musica nell’aria calda e umida di lunghi
sotterranei di questa stazione brulicante di gente
distratta per tutto ciò che le sta attorno.
Chi non ha fretta s’intrattiene un po’ ad ascoltarmi
e sorride, e io ne sono lieto. I miei cari avrebbero
voluto un futuro migliore per me, e io mi sento quasi
in colpa e penso a loro e alle loro aspettative bruciate
dai miei giorni senza futuro.
E non so cosa fare per cancellare i loro tristi e dolorosi
pensieri d’amore per me. Ma devo pensare anche a me.
Non è un’avventura. E’ la mia vita. Non chiedo né cerco
plausi, né successo, che mi toglierebbero dalla strada.
Mi sento vero.
E ogni giorno è un dolce sollievo che mi rinfranca e
mi vibra nelle vene. La mia vita è questa. La mia libertà
è questa. Essere e rimanere io è la mia grande ambizione.
Qui ho trovato la felicità e canto: “let it be”.
Guido Lamberti