Alfredo Romano, arte come indagine tra spirito e materia
Clara Bartolini
L'arte come processo rituale, come associazioni Freudiane, come archetipi younghiani, come sacrificio sacro.
L'opera di Alfredo Romano mette lo spettatore davanti a una prova, farsi irretire da un'indagine introspettiva che travolge avvolgendo e non può lasciare indifferenti. Figlio irripetibile della sua terra, la Sicilia, e replica vivente di quella densità di memorie e stratificazioni che l'isola porta nel suo bagaglio geologico e culturale, divisa com'era in tre isole, zattere provenienti da sud nord e centro. C'è nelle sue opere il desiderio profondo di uno scavo, per giungere all'attimo primigenio nel quale si è formata la materia, mostrandone forza e fragilità.
Un lavoro tellurico di sprofondamento nel mistero e di ritorno dal proprio personale Ade, che è l'Ade di ogni essere vivente, quello visitato da Enea per conoscere passato e futuro col coraggio della visione che l'eroe Ulisse non ha avuto. Qui sulla terra nella tragicità degli eventi quotidiani, Romano lavora sul limite tra conscio e inconscio, cerca l'equilibrio su un filo che promette di portare lontano ma che mostra come il precipitare sia un rischio costante. Davanti ad una sua opera non pare esserci una via di fuga, bisogna riflettere davvero o lasciarsi andare completamente, senza temere il possibile naufragio. Impossibile restare spettatori.