Esiste un castello, la cui vista evoca tipicamente fasti e grandezza del mitico Ducato di Parma. Intorno al 1500 circa, Colorno vide la propria trasformazione da costruzione militare a residenza signorile ospitando, in ordine, le famiglie: S.Severino, Farnese e Borbone.
Piazza Garibaldi 26 - Colorno mappa
Esiste un castello, la cui vista evoca tipicamente fasti e grandezza del mitico Ducato di Parma. Intorno al 1500 circa, Colorno vide la propria trasformazione da costruzione militare a residenza signorile ospitando, in ordine, le famiglie: S.Severino, Farnese e Borbone.
L'architetto Galli Bibbiena fece le ultime ristrutturazioni dando l'aspetto attuale che ha reso famosa Colorno come "Piccola Versailles". La primissima "donna di Colorno" fu Barbara S. Severino che frequentava poco il castello per il suo clima caldo.
Le prime undici stanze degli appartamenti ducali si scorgono attraverso un cannocchiale prospettico costituito da ben undici porte in linea che danno sui famosi giardini.
Elemento di pregio sono i pavimenti tutti diversi fra loro.
Le piccole dimensioni delle stanze fanno da cornice a salottini "nippo-cinesi" come da gusto francese dell'epoca.
Alla morte senza eredi maschi di Antonio Farnese, il ducato di Parma passò ai figli di Elisabetta farnese e del Re di Spagna Filippo V di Borbone: Carlo e Filippo.
Grazie proprio a quest'ultimo ed alla moglie Luisa Elisabetta, furono chiamati esperti francesi a dare il tocco trasformante gli interni della reggia fino a renderla simile a Versailles, da cui il famoso riferimento che la accompagna ancora oggi.
La sala grande e l'osservatorio sono probabilmente gli elementi di maggiore spicco per ciò che concerne gli interni. Dall'Ottocento la pavimentazione iniziò ad essere lignea, mentre le pareti rimanevano spesso ricoperte solo da sete.
Nel 1815 il congresso di Vienna assegnò alla moglie del deposto imperatore Napoleone, Maria Luigia d'Austria, il Ducato di Parma, con la clausola che alla sua morte tornasse ai Borbone. Durante la "reggenza " di Maria Luigia per la città è un periodo di grandi costruzioni. Il palazzo vive un periodo in cui il suo valore viene fortemente considerato e avvengono solo attenti restauri atti a mantenere inalterato lo splendore raggiunto nella seconda metà del '700.
Dopo la cessione ai Savoia, il castello è ancora una volta spogliato di tutto il mobilio che viene spartito tra i familiari, mentre alcuni splendidi pezzi fanno sfoggio di sé ancora oggi al Quirinale.
A concludere, la provincia di Parma lo adibì il castello di Colorno a sede ospedaliera.
Solo verso la fine degli anni '70 sono iniziati i lavori di ristrutturazione ed il lento riarredo degli interni con pezzi anche non originali, ma pur sempre inerenti le epoche in cui la nostra Colorno risplendeva quasi come Versailles.
La cappella di S. Liborio fu ricostruita, (con tanto di passaggio diretto dai suoi appartamenti), dal piccolo duca Ferdinando di Borbone. E' l'unico edificio non manomesso nei secoli e chiunque fosse a servizio della corte poteva scegliere di avere sepoltura sotto il suo tetto.
Annessi ad essa, gli appartamenti privati di Ferdinando, davano direttamente sul fiume e la redistribuzione, con parallelo abbellimento degli interni, contrasta ancora oggi con l'anonimato della facciata.
Molto suggestivo l'osservatorio astronomico e, più in generale, gli ambienti (pochi) in cui davvero si respira aria di corte settecentesca, emerge in tal senso il netto contrasto
con le stanze spoglie e l'assenza di mobilio non proprio all'altezza di una struttura di questo rango.
La vista dei giardini, in questi giorni, seppur sempre sbalorditiva dalle finestre della corte, lascia l'amaro in bocca se ci troviamo a passeggiare fra le meravigliose aiuole e le fontane (spente) in antitesi con le fotografie forse più prettamente estive e fiorite.
L'architetto Galli Bibbiena fece le ultime ristrutturazioni dando l'aspetto attuale che ha reso famosa Colorno come "Piccola Versailles". La primissima "donna di Colorno" fu Barbara S. Severino che frequentava poco il castello per il suo clima caldo.
Le prime undici stanze degli appartamenti ducali si scorgono attraverso un cannocchiale prospettico costituito da ben undici porte in linea che danno sui famosi giardini.
Elemento di pregio sono i pavimenti tutti diversi fra loro.
Le piccole dimensioni delle stanze fanno da cornice a salottini "nippo-cinesi" come da gusto francese dell'epoca.
Alla morte senza eredi maschi di Antonio Farnese, il ducato di Parma passò ai figli di Elisabetta farnese e del Re di Spagna Filippo V di Borbone: Carlo e Filippo.
Grazie proprio a quest'ultimo ed alla moglie Luisa Elisabetta, furono chiamati esperti francesi a dare il tocco trasformante gli interni della reggia fino a renderla simile a Versailles, da cui il famoso riferimento che la accompagna ancora oggi.
La sala grande e l'osservatorio sono probabilmente gli elementi di maggiore spicco per ciò che concerne gli interni. Dall'Ottocento la pavimentazione iniziò ad essere lignea, mentre le pareti rimanevano spesso ricoperte solo da sete.
Nel 1815 il congresso di Vienna assegnò alla moglie del deposto imperatore Napoleone, Maria Luigia d'Austria, il Ducato di Parma, con la clausola che alla sua morte tornasse ai Borbone. Durante la "reggenza " di Maria Luigia per la città è un periodo di grandi costruzioni. Il palazzo vive un periodo in cui il suo valore viene fortemente considerato e avvengono solo attenti restauri atti a mantenere inalterato lo splendore raggiunto nella seconda metà del '700.
Dopo la cessione ai Savoia, il castello è ancora una volta spogliato di tutto il mobilio che viene spartito tra i familiari, mentre alcuni splendidi pezzi fanno sfoggio di sé ancora oggi al Quirinale.
A concludere, la provincia di Parma lo adibì il castello di Colorno a sede ospedaliera.
Solo verso la fine degli anni '70 sono iniziati i lavori di ristrutturazione ed il lento riarredo degli interni con pezzi anche non originali, ma pur sempre inerenti le epoche in cui la nostra Colorno risplendeva quasi come Versailles.
La cappella di S. Liborio fu ricostruita, (con tanto di passaggio diretto dai suoi appartamenti), dal piccolo duca Ferdinando di Borbone. E' l'unico edificio non manomesso nei secoli e chiunque fosse a servizio della corte poteva scegliere di avere sepoltura sotto il suo tetto.
Annessi ad essa, gli appartamenti privati di Ferdinando, davano direttamente sul fiume e la redistribuzione, con parallelo abbellimento degli interni, contrasta ancora oggi con l'anonimato della facciata.
Molto suggestivo l'osservatorio astronomico e, più in generale, gli ambienti (pochi) in cui davvero si respira aria di corte settecentesca, emerge in tal senso il netto contrasto
con le stanze spoglie e l'assenza di mobilio non proprio all'altezza di una struttura di questo rango.
La vista dei giardini, in questi giorni, seppur sempre sbalorditiva dalle finestre della corte, lascia l'amaro in bocca se ci troviamo a passeggiare fra le meravigliose aiuole e le fontane (spente) in antitesi con le fotografie forse più prettamente estive e fiorite.