
Chiusura 21/07/2019
di Stefano Pariani
Dopo il viaggio internazionale dei mesi scorsi a Londra e a Berlino, la “Resurrezione” di Mantegna torna a Bergamo, da dove tutto era partito. Qui, infatti, un anno fa il conservatore del museo bergamasco, Giovanni Valagussa, aveva puntato i riflettori su questa tavola, tradizionalmente nota come opera di bottega del Mantegna, attribuendone la paternità al maestro stesso.
Dopo il viaggio internazionale dei mesi scorsi a Londra e a Berlino, la “Resurrezione” di Mantegna torna a Bergamo, da dove tutto era partito. Qui, infatti, un anno fa il conservatore del museo bergamasco, Giovanni Valagussa, aveva puntato i riflettori su questa tavola, tradizionalmente nota come opera di bottega del Mantegna, attribuendone la paternità al maestro stesso.
P.za Giacomo Carrara, 82 Bergamo mappa
Inaugurazione 25/04/2019
P.za Giacomo Carrara, 82 Bergamo mappa 21/07/2019
Il dipinto giaceva da anni nei depositi della Carrara e, in fase di catalogazione delle opere tre e quattrocentesche del museo, Valagussa aveva notato come una croce presente nella parte bassa della tavola coincidesse perfettamente con l'apice di un'asta retta da Cristo nella “Discesa al Limbo”, realizzata da Mantegna e conservata a Princeton, New Jersey, in collezione privata. La tavola di Bergamo è quindi la parte superiore della “Discesa al Limbo” e questa scoperta ha dato avvio ad un restauro e alla presentazione internazionale della “Resurrezione”, prima alla National Gallery di Londra poi alla Gemaeldegalerie di Berlino, dove è stata ricongiunta con la sua “parte americana”.
L'opera di Mantegna fu commissionata dai Gonzaga per il Castello di San Giorgio a Mantova attorno al 1492 e mostra nella parte inferiore una sorta di spelonca, l'ingresso del Limbo, con Cristo visto di spalle intento ad entrarvi. La parte sovrastante, senza soluzione di continuità, raffigura invece Cristo fuoriuscente dalla tomba fra lo stupore dei soldati: le due parti si congiungono perfettamente per le rocce della spelonca e per quel dettaglio fondamentale della croce che ha portato all'eccezionale attribuzione.
L'atmosfera è crepuscolare, i toni del colore caldi e il senso generale che restituisce nell'opera è quello dell'evento miracoloso e straordinario che avviene nel quotidiano, in una narrazione serena e quasi famigliare. Le figure dai corpi solidi e quei volti “duri” che paiono incisi nella pietra sono tratti tipicamente mantegneschi.
In passato tavole come la nostra potevano essere tagliate per le più diverse ragioni: “ereditarie, di conservazione, di mercato”, spiega Valagussa. Non bisogna dunque stupirsi della sorte toccata a quest'opera, come del resto a moltissimi polittici medievali e rinascimentali, un tempo smembrati ed ora conservati in musei distanti anche migliaia di chilometri tra di loro o dispersi nei vari giri dell'antiquariato e del collezionismo. Per ora le due parti dell'opera restano separate, ma c'è da scommettere che il nome della mostra, quella “Re”, possa alludere anche all'inglese “reunion”, lasciando dunque aperta la speranza di un definitivo ricongiungimento delle due tavole.